The Tea Squirrel

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Gli abbinamenti con il tè e l’uso del tè in cucina secondo lo chef Christian Nicita

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Le foto sono gentilmente fornite da Christian Nicita.

Quando pensiamo agli abbinamenti che si possono fare con il tè o all’uso del tè come ingrediente in cucina, non è automatico associarlo a piatti salati e tanto meno alla cucina italiana. La maggior parte di noi accompagna il tè con un dolce o dei biscotti ma non si sognerebbe mai di usare il tè per preparare un piatto a base di pesce. Ed è proprio per questo che quando mi sono imbattuta in Christian Nicita sui social media e nelle meravigliose foto dei piatti e degli abbinamenti proposti nella sua sala da tè con cucina a Catania, Acquamadre, sono rimasta sbalordita. La preparazione del tè segue il metodo orientale gongfu cha e il servizio viene fatto in calici di cristallo. Ma non è tutto, perché il te trova spazio anche come ingrediente nelle sue ricette. Purtroppo Acquamadre ha chiuso per via delle difficoltà dovute all'emergenza Covid ma Christian sta già lavorando ad altri progetti a base di tè.

Ho avuto modo di intervistarlo virtualmente e di seguito riporto la nostra conversazione.

Anna: Presentati brevemente ai lettori di The Tea Squirrel, chi sei, di cosa ti occupi, qual è il tuo background, come è nata la tua passione per il tè.

Christian: Sono fondamentalmente un “drogato di tè”. Bevo tè fin da quando avevo 16 anni, e intorno ai 20 ho fatto il salto dal tè in bustina a quello in foglie aromatizzato fino quando intorno ai 22 ho scoperto gli oolong ed il gong fu cha. Da quel momento il mio approccio al tè è drasticamente cambiato. Il tè è diventato un compagno di vita: la pausa al lavoro, l’aiuto nelle notti di studio, la gioia nell’incontro e nella condivisione con gli amici, il conforto nei momenti di solitudine.

A 20 anni ho iniziato a lavorare come esperto di sicurezza informatica, nel mentre ho studiato Filosofia, in particolare mi interesso di Filosofia Medievale e Rinascimentale; ero astemio ma la voglia di capire un qualcosa che piaceva molto alla mia ragazza dell’epoca, il vino, ma che io non comprendevo e non riuscivo a farmi piacere, mettendoci in mezzo la scusa di capire meglio anche il tè, in un mondo in cui mancavano serie opportunità di formazione sul tè, mi ha spinto a diventare un Sommelier dell’Associazione Italiana Sommelier — i tre livelli canonici e successivamente persino la Master Class di analisi sensoriale —; sono nato in una famiglia di ristoratori, mia madre insegnava Matematica e Fisica nei Licei ed allo stesso tempo dirigeva la cucina dell’attività di famiglia, non avevo mai cucinato prima di andare a vivere da solo a Roma, con il tempo ho scoperto di saper cucinare, di avere buone intuizioni ma anche che mi mancava la tecnica, quindi alla soglia dei 28 ho preso un’aspettativa dall’azienda in cui lavoravo ed ho frequentato il corso Professione Cuoco del Gambero Rosso a Roma e successivamente ho avuto alcune esperienze proprio come cuoco in Ristoranti Stellati.

Risotto alla Tuma persa (formaggio siciliano), peperone cornetto e tè Matcha. Foto di Christian Nicita.

Anna: Acquamadre è una sala da tè con cucina, com'è nata e perché è speciale?

Christian: Da amante del tè, tealover, Acquamadre è il posto che io avrei sempre voluto trovare e che non ho mai trovato. Penso che sia esperienza condivisa quella in cui viaggiando tra le prime cose che cerchiamo in un posto sono i “luoghi del tè”, se ci sono. Spesso questi luoghi sono case o sale da tè, ma il tè non è mai protagonista, anzi nella maggior parte dei casi è proprio mortificato. Difficile trovare un luogo che offra tè di qualità, agricoli, di cui si sappia qualcosa oltre il nome commerciale, come il la zona di produzione, il nome del tea master, l’anno di raccolta, trasformazione e commercializzazione, ecc… Ovviamente la mia esperienza è basata per lo più sull’Italia fino al 2018 e i miei viaggi per lo più in Medio Oriente e Nord Europa.

Acquamadre è stata la mia risposta, è stato esattamente il luogo dove che io avrei voluto trovare, il luogo dove il tè è protagonista in tutto e per tutto, ad ogni ora del giorno, perché è sempre l’ora del tè: così la mattina era il momento di abbinare il tè alla colazione, nel pomeriggio era il tempo della merenda o dell’aperitivo a base di tè, a pranzo o a cena il tè diventava compagno sulla tavola — cosa davvero inusuale per la cultura italiana — di una cucina i siciliana, di territorio, con solo materie prime di stagione.

“Speciale” ?!? Bisognerebbe chiederlo ai clienti abituali perché avevano eletto Acquamadre a loro luogo “speciale”. Sicuramente quello che mi ha fatto capire che l’idea era giusta è stata la visita di Carlotta Mariani e Liana Bertolazzi, che potete leggere nel racconto di Liana.

Se qualcosa di “speciale” ha avuto l’esperienza di Acquamadre si ritrova proprio nelle parole della stessa Liana, quando ad un certo punto mi ha detto: “finalmente ho trovato lo stile italiano del tè”, che poi è diventato #teaitalianstyle ovvero quell’idea, non fusion, di unire oriente e occidente portando il tè sulla nostra tavola, con uno stile di servizio che è di base un gong fu cha, servito dentro un calice di cristallo, come se fosse vino. Perché così il tè diventa un’esperienza sensoriale, ma soprattutto, per noi italiani, farebbe troppo strano mangiare spaghetti al pomodoro e parmigiano e bere da una tazza, mentre il calice supera l’ostacolo mentale della tazza del tipico “straniero” che pretende di mangiare la pasta e bere un cappuccino.

Anna: Com'è nata l'idea di usare il tè in cucina?

Christian: Diciamo la verità, #tealover è prima di tutto un’etichetta che ci piace cucirci addosso, siamo #teaperson, persone del tè, in tutto e per tutto. Ne abbiamo fatto uno stile di vita, ognuno il suo, tra i nostri amici e conoscenti tutti sanno inequivocabilmente che siamo fanatici del tè. Qualunque aspetto della nostra vita in cui possiamo mettere qualcosa a base di tè, potendo lo faremmo con piacere. Per cui, visto che “tutti cuciniamo”, è inevitabile che prima o poi ci si cimenti nel tentare di cucinare qualcosa con quell’ingrediente che è di per sé l’ingrediente che abbiamo eletto come etichetta distintiva del nostro vivere quotidiano.

Quanto meno io l’ho fatto, all’inizio seguendo ricette che trovavo in giro o sui libri, per lo più molto deludenti. Penso che la prima ricetta in assoluto che abbia e rifatto fatto sia stato il famoso risotto all’Earl Gray — e non sono un amante di questo tipo di tè — però era una ricetta in cui qualcosa del tè emergeva, insomma si sentiva che c’era. La delusione forte è stata provare a fare lo stesso risotto con un altro tipo di tè. Questa difficoltà, unitamente al fatto che il tè era già troppo presente nella mia vita per abbandonarlo, nel tempo, maturando la mia conoscenza della cucina e delle sue tecniche, mi ha portato a confrontarmi sempre più seriamente con i tè puri per riuscire a rubarne, coglierne il sapore all’interno di preparazioni più complesse.

Anna: Quali sono le difficoltà nell'uso del tè in cucina?

Christian: Mi piace dire che il tè non è un ingrediente egocentrico, nel senso che da solo ha un suo carattere ben definito, chiaro a chiunque lo assaggi; se lo bevi come abbinamento, a seconda del tipo di tè, regge piatti anche complessi esaltando l’esperienza gustativa combinandosi in un cosiddetto “matrimonio d’amore”; però appena lo metti dentro un piatto tende a scomparire. Uno dei primi esperimenti subito dopo la scuola del gambero rosso su di pensare al tè come un brodo, in particolare pensavo ad un QiMen nel quale immergere ceci leggermente speziati e un kanten di pomodoro (credo che esistano prove fotografiche da qualche parte su internet di questo disastro culinario). Idealmente, se ci pensate, sono sapori che stanno benissimo insieme, se mangiate ceci e pomodoro, in insalata o come minestra, e ci bevete un QiMen è un abbinamento perfetto! Ma usato il tè come brodo il risultato era povero di gusto, senza profondità, tristemente piatto, senza consistenza … insomma un disastro in cui lo stesso tè non diceva nulla di sé stesso e men che meno diceva qualcosa. Per scelta, per indole, per formazione se dichiaro un ingrediente in un piatto voglio che questo si senta in maniera distinta, non amo i gusti “confusi” dove non senti nulla degli ingredienti usati, dove magari il gusto sembra buono, ma dentro potrebbe esserci qualunque cosa; così il problema che riscontro con il tè è riuscire a renderlo chiaramente, distintamente al gusto ed in armonia con tutti gli altri ingredienti.

Filetti di sgombro con insalata di marmellata di limoni, sanapi cotta e cruda e nigella sativa in abbinamento ad un tè Puerh Sheng Bai Ni Shui 2016 di Yunnan Sourcing. Foto di Christian Nicita.

Anna: Come nascono gli abbinamenti tra i piatti che proponi e il tè?

Christian: La tecnica di abbinamento segue due canali, il primo di intuizione, di ispirazione, il flash, il lampo, la consapevolezza data dell’esperienza che due sapori possano stare bene insieme. Però, dopo la scintilla iniziale, serve l’assaggio mediato dalla tecnica di abbinamento, perché non basta pensare un abbinamento perché stia davvero bene insieme, ci sono dei parametri di base che vanno tenuti in considerazione per arrivare a raggiungere un equilibrio gustativo ed una piacevolezza dell’abbinamento. Come base ho adottato la tecnica di abbinamento insegnata dall’Associazione Italiana Sommelier per quanto riguarda il vino. Con le dovute differenze del caso, uno per tutto la percezione del calore, negli anni ho avuto modo di applicare e adattare e approfondire sul tè quegli stessi principi utilizzati per il vino.

Purtroppo, debbo osservare, che oggi molte persone si lanciano in questo “gioco” degli abbinamenti tra cibo e tè, la cosa triste è che spesso persone che hanno anche un discreto seguito si lanciano in abbinamenti assurdi e male assortiti, dando indicazioni, che se non vogliamo dire sbagliate, sono quanto meno fuorvianti.

Stessa noto, soprattutto in italiano, come molte persone invece di cercare un linguaggi condiviso dall’esperienza della degustazione vanno ad inventarsi o cercare termini poco appropriati, quando invece sarebbe importante attingere ad un vocabolario già molto noto ed uso proprio mutuato dal vino e in qualche modo arricchito.

In generale la cosa migliore che posso consigliare è provare ed assaggiare, ma l’animo umano tende ad auto-ingannarsi, ad auto-compiacersi, quindi è fondamentale essere sinceri con sé stessi, essere intellettualmente onesti nel proporsi e nel proporre qualcosa ad un pubblico, soprattutto se chiedete dei “soldi” in cambio di quello che si offre. Etica!

Anna: Quali sono i tè più semplici da usare come ingredienti in cucina e perché?

Christian: I tè più semplici da usare sono gli aromatizzati, perché anche se alla fine non si sentirà molto del tè di base, probabilmente uno o più aromi si trasferiranno al piatto. Debbo dire però che sono quelli che amo meno, in generale non amo i tè aromatizzati perché spesso si sentono gli aromi ma mai il tè di base, quindi perché prendersi in giro illudendosi di bere del tè se poi il tè, gustativamente parlando, non si sente? Mi sembra un po’ come raccontarsi una bugia. Almeno nel mio percorso personale così è stato.

A meno degli aromatizzati altri tè facili sono il Matcha, perché ha un carattere davvero prorompente ed unico che è facile individuarlo; segue il Lapsang souchong, che, come per gli aromatizzati, a volte non si percepisce al gusto, ma magari trasmette una nota leggermente affumicata (paradossalmente i lapsang souchong che sanno più di affumicato funzionano meglio, rispetto a quelli di qualità superiore dove l’affumicatura è più una nuance che non un gusto invadente).

Detto questo debbo ammettere che invece la mia ricerca è spinta nel valorizzare tutti i tè che invece normalmente non sarebbero usati, che tendono a sparire.

Christian Nicita

Anna: Quali sono le tue tecniche preferite per incorporare il tè come ingrediente?

Christian: Il mio uso del tè in cucina ha passato varie fasi, varie scelte stilistiche, varie tecniche di utilizzo. Sarebbe difficile, anche se utile, tracciare un profilo dei tentativi fatti, degli errori compiuti prima di arrivare ad un piatto soddisfacente, uno in cui il tè si percepisca all’assaggio come elemento distinguibile.

Ad oggi, in questo momento storico della mia evoluzione come cuoco posso dire che le tecniche che prediligo sono:

  • Infusione a freddo sopra un brodo o un’acqua aromatizzata.

  • Polverizzazione e setacciatura per diverse granulometrie al fine di dare la giusta sensazione tattile in bocca, senza che il masticare il tè risulti fastidioso, in quanto la foglia del tè è coriacea.

  • Brodo di tè partendo da una forte infusione successivamente regolata con sale o zucchero e/o altri aromi complementari e quindi leggermente addensata.

Anna: Parlaci di alcuni piatti ben riusciti a base di tè e come sono nati.

Christian:

  • Pasta pesce e tè. Di fatto si tratta di un ragù bianco di un pesce a carne bianca io usavo la Cernia, ma si può usare anche un altro tipo di pesce, questo poi veniva finito con del tè matcha che con la sua nota umami e la sua tendenza amara bilanciava la tendenza dolce della pasta fatta in casa e del ragù stesso. Ovviamente la difficoltà nel realizzare questo piatto sta nel sostituire la freschezza (tendenza acidula) del pomodoro che non è presente a meno di non ottenere un colore bruttissimo, con un altro ingrediente che potesse dare la stessa dolcezza e freschezza. In questo caso specifico è la cipolla cotta a parte insieme a del limone a sopperire a questa componente fondamentale per bilanciare il gusto di un piatto che è tutto giocato su degli equilibri gustativi delicatissimi.

  • Risotto ostriche e Tie Guan Yin. Ho poche convizioni, ma una di queste è che il Tie Guan Yin, specialmente la sua versione Jade, è un tè che si abbina al pesce, al mare, al salato in genere in maniera incredibile. Così ho pensato questo risotto bianco, semplicemente mantecato con un burro artigianale dal forte sentore “selvaggio” e un tocco di formaggio caprino da capra Girgentana, terminato con una intensa spolverata di Tie Guan Yin setaggiato per essere poco più impalpabile di un matcha coprendo il risotto come se fosse un prato che nasconde al suo centro l’ostrica cruda, che si acclimaterà con il calore del risotto senza perdere nulla della sua forza dirompente.

  • Capone al Puer Shu. Il Capone o Lampuga è un pesce considerato povero nel nostro mare, ha un sapore inteso, quasi selvaggio e quindi molti non lo gradiscano. Trova una esaltazione del gusto proprio quando è appoggiato su una purea di zucca, attorniata da dei funghi porcini arrosto, sormontato dai dei germogli di coriandolo e lambito da un brodo di Puer Shu giovane, dai due ai cinque anni di maturazione. Il tè in questo caso è una infusione molto forte, quasi sbagliata, poi regolata con il sale per regolare l’amarezza imperante e quindi leggermente addensato con della gomma xanthana trasparente.

Anna: Qual è il tuo abbinamento preferito di tè e cibo?

Christian: Non ho un abbinamento assoluto, come non ho un tè preferito. Ma in generale ogni abbinamento venuto bene. Ve ne racconto qualcuno di quelli proposti ad Acquamadre:

  • Vongole con Tie Guan Yin

  • Pasta e ceci con Assam

  • Pasta all’acqua di pomdoro, melanzana e ricotta salata con Nero Georgiano

  • Sgombro arrosto con Puerh Sheng dai 5 ai 12 anni.

  • Pollo alla cacciatora con Darjeeling First Flush

  • Pulled Lamb con Puerh Shu dai 5 ai 20 anni

  • Babà con Bai Ye Dan Con

  • Sacher torte con Rou Gui

Pasta e lenticchia nera di Leonforte abbinata con Lapsang Souchong. Foto di Christian Nicita.

Anna: Progetti a base di tè a cui stai lavorando o a cui vorresti lavorare?

Christian: A causa delle restrizioni dovute all’emergenza covid Acquamadre come luogo fisico situato al numero trentasei di via Capuana a Catania ha chiuso e difficilmente riaprirà. Non di meno, come diceva Aristotele, la vita è movimento, ci sono delle idee, ci sono delle possibilità, speriamo che si concretizzino già quest’anno tra autunno ed inverno, ma è ancora presto per parlarne. Nel mentre sto facendo qualche consulenza sia in sala sul servizio del tè a tavola nei ristoranti, sia in cucina, oltre che continuare a bere e “studiare”. Sto valutando alcune proposte di collaborazione e di formazione. Ma lavorare con me non è semplice, perché l’etica della materia prima viene prima di tutto. Insomma è un periodo interessante, staremo a vedere cosa succederà. Per quanto mi riguarda l’unica certezza è che qualunque cosa succederà sarà sicuramente a base di tè.

Ringrazio Christian per aver condiviso la sua esperienza in materia di abbinamenti con il tè e le sue creazioni a base di tè e gli auguro di poter concretizzare presto i progetti ai quali sta lavorando, nella speranza di poter condividere presto del buon tè e del buon cibo di persona.

Per chi volesse seguire Christian Nicita su Instagram, qui trovate il suo profilo e qui trovate altre foto di Acquamadre.